Lavoro

Jobs Act è legge

Jobs Act è legge

Jobs Act è legge

Passa il Jobs Act, dunque, e diventa legge. Legge delega, in realtà, e adesso spetta al governo fare i decreti: 166 sì, 122 no, un astenuto. Il gruppo del partito democratico ha votato compatto. Ha votato sì Walter Tocci, che pure quando il senato fu chiamato per la prima volta a votare il jobs act votò mettendo sul piatto le sue dimissioni («Non è un giochetto che puoi fare due volte», maligna un collega). Hanno votato sì i 27 firmatari di un documento con cui precisano che a loro, questa delega, non convince. Tra questi c’è il citato Miguel Gotor, ci sono Vannino Chiti, Massimo Mucchetti, Laura Puppato e Luigi Manconi. C’è Josefa Idem e c’è il filosofo e teorico dell’operaismo Mario Tronti. ‘No’ ha votato invece Corradino Mineo: «Mi scuso con i senatori del Partito Democratico» ha detto in aula, l’ex direttore di Rainews24, «ma sento di dover seguire l’idea, che è stata sempre la mia, di sinistra e verità». Anche Lucrezia Ricchiuti, Pd, ha negato la fiducia, ma senza partecipare al voto: «Alcuni colleghi mi dicono che la Camera ha migliorato il testo. Penso che non hanno mai lavorato in azienda e non sanno di cosa parlano». Come Ricchiuti ha fatto Felice Casson.

Ecco quali sono, per punti, gli elementi chiave della riforma del lavoro:

1. Riordino delle tipologie di contratto già esistenti, con l’introduzione di un contratto unico a tempo indeterminato per le nuove assunzioni, il quale prevede tutele crescenti in base all’anzianità di servizio. Parallelamente si riducono le altre forme contrattuali come i contratti di collaborazione a progetto (i cocopro, che rimarranno in vigore solo “fino a esaurimento”).

2. Eliminazione della cassa integrazione per i dipendenti nel caso in cui l’attività aziendale (o una sua parte) venga cessata definitivamente e non esistano concrete possibilità di proseguimento.

3. Superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per ilicenziamenti illegittimi. Le nuove regole escludono il reintegro del lavoratore e prevedono un risarcimento economico che aumenta con l’anzianità di servizio, e inoltre prevedono termini certi per impugnare il licenziamento.

4. Possibilità per un’impresa di riorganizzare e ristrutturare le mansioni, senza l’obbligo di adibire i propri lavoratori ai compiti per i quali sono stati assunti (o per incarichi superiori), ma con l’obiettivo di tutelare il posto di lavoro e la professionalità.

5. Nuove regole per i controlli a distanza delle attività produttive: nei luoghi di lavoro si potranno utilizzare dispositivi cometelecamere per eseguire controlli, ma solo sui macchinari. Fino a oggi questi controlli erano vietati dallo statuto dei lavoratori.

6. L’Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi) dovrà universalizzare il sussidio di disoccupazione, estendendolo ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. La nuova tutela sarà estesa a circa 300mila lavoratori, che comprendono soprattutto quelli concarriere molto discontinue.

7. Istituzione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione, sotto il controllo del ministero del lavoro e che, come soggetto unico, si occuperà di gestire i servizi per l’impiego e l’attività dell’Aspi.

8. L’indennità di maternità è estesa anche a lavoratrici parasubordinate e alle donne lavoratrici autonome che hanno figli disabili non autosufficienti. È previsto anche un monitoraggio più rigido sulla conciliazione dei tempi di lavoro e di vita.

9. Riforma degli ammortizzatori sociali: 2,9 miliardi di euro destinati nel 2015, di cui 2,2 miliardi dalla legge di stabilità e 700 milioni dal fondo per l’occupazione.

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