Europa

Vaccini, l’Italia e la Ue bloccano l’export di 250mila dosi di AstraZeneca in Australia

La linea dura della Ue sui vaccini parte dall’Italia. Il governo italiano ha deciso, con l’assenso della Commissione europea, di bloccare un carico di 250mila vaccini AstraZeneca diretti in Australia. Lo scrive il Financial Times, citando fonti interne al governo di Roma. Un funzionario Ue ha confermato al Sole 24 Ore che l’Italia ha negato l’autorizzazione all’azienda.

La mossa rappresenta il primo blocco all’export di farmaci da quando Bruxelles ha annunciato, lo scorso gennaio, un controverso sistema per controllare ed eventualmente stoppare la vendita dei vaccini anti-Covid a paesi esterni al perimetro comunitario.

Secondo le regole imposte, le singole società devono notificare e aspettare il via libera delle autorità nazionali prima di procedere con il trasporto dei vaccini oltre ai confini comunitari.

AstraZeneca aveva chiesto il permesso per una partita di vaccini prodotti nello stabilimento di Anagni (Frosinone). Il governo Draghi ha deciso di negare il suo placet, comunicando la sua decisione a Bruxelles. La Commissione non ha avanzato rilievi.

La decisione potrebbe surriscaldare ancora di più i rapporti fra la Ue e i suoi partner internazionali, già irritati da una strategia che rischia di rallentare i ritmi delle proprie campagne vaccinali.

Il provvedimento di Bruxelles sull’export è stato deciso in risposta ai ritardi di produzione della stessa AstraZeneca, dopo un calo di consegne che ha segnato la prima battuta d’arresto delle vaccinazioni Ue e scatenato malumori contro le stesse case farmaceutiche, accusate di violare gli accordi di fornitura concordati con la Commissione europea.

Il «meccanismo temporaneo di trasparenza e autorizzazione», come si chiama il provvedimento Ue, è in vigore dal 31 gennaio al 31 marzo, con possibilità di rinnovo. Il testo obbliga le società farmaceutiche a chiedere il permesso per le vendite a paesi terzi, compilando una richiesta che impone di precisare il totale delle dosi già esportate dal 31 ottobre 2020 e di quelle distribuite in Europa da dicembre 2020.

Il governo che riceve la richiesta deve prima avvertire la Commissione e poi produrre, entro due giorni lavorativi, una decisione ufficiale. La Commissione viene informata e si esprime. La palla torna poi al governo nazionale,che adotta una posizione favorevole o contraria all’autorizzazione d’accordo con l’opinione dell’esecutivo.

La Commissione si è affrettata a precisare che non si tratta di un bando alle esportazioni tourt court, ma di fatto il provvedimento consente una certa discrezionalità alle autorità nazionali sulla libertà (o meno) di esportare dosi oltre la Ue.

Il premier italiano Mario Draghi, alla video-riunione del Consiglio europeo del 25-26 febbraio, aveva chiesto con una certa insistenza alla Commissione perché la Ue non potesse fissare vincoli più rigidi rispetto all’export di dosi manufatte nella Ue.

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Draghi si era detto sfavorevole anche alla cessione di una certa quota di dosi ai paesi africani, approvandone lo spirito ma ritenendola intempestiva rispetto ai risultati attuali della campagna di vaccinazione. Il video-incontro dei leader Ue dello scorso si era concluso con l’obiettivo di accelerare sulle vaccinazioni e contemplare il ricorso alle maniere forti contro le aziende «inadempienti», a partire proprio dall’export dei vaccini prodotti nella Ue.

Il provvedimento rischia di innescare una serie di ritorsioni su scala internazionale, dove la corsa alle vaccinazioni sta diventando uno scontro geopolitico per assicurarsi un’uscita più rapida dalla crisi del Covid.

La linea del rigore Ue, inaugurata dal blocco del governo italiano, serve anche ad assicurare che i vaccini «made in Ue» non finiscano per favorire altri paesi, mentre l’Europa arranca per mantenere i ritmi previsti e centrare l’obiettivo del 70% di popolazione adulta vaccinata entro l’estate.

Parte del ritardo, però, sembra dipendere più dall’andamento delle campagne vaccinali che dallo stock di dosi disponibili. Secondo un dato diffuso dalla Commissione, si registrava a fine febbraio uno scarto di circa 20 milioni fra i 51,5 milioni di dosi distribuiti e i circa 29 milioni di dosi inoculate fino ad allora.

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