Lavoro

Il Jobs Act non è solo eliminare l’articolo 18 per i neo assunti

Il Jobs Act non è solo eliminare l'articolo 18 per i neo assunti

Susanna Camusso e Matteo Renzi

Matteo Renzi ha deciso di dare una svolta al suo governo e realizzare anche le riforme economiche che da più parti gli richiedono, visto che ormai sia Confindustria, sia l’Unione Europea stanno iniziando a stancarsi di aspettare. Non è che Renzi non le voglia fare, ma l’opposizione interna al suo stesso partito lo contrasta sia per puro bastiancontrarismo, sia perchè la “ditta” Ds-Margherita ha sempre attuato le sue politiche attraverso la sua ideologia che è quella di difendere lo status quo e cioè quella di tutelare i pensionati e quelli che sono assunti a tempo indeterminato. Se fino agli anni novanta questo concetto andava bene; poi con la creazione di contratti precari si creano anche lavoratori precari. Ci sono tutta una serie di giovani lavoratori che non sa nemmeno cosa vuoldire essere assunto a tempo indeterminato e con l’andare degli anni saranno sempre di più; finchè con l’andare in pensione di chi oggi è assunto a tempo indeterminato saranno tutti precari. Non sarebbe il caso di fare qualcosa adesso? Sopratutto pensando che fra dieci/quindici anni in pochissimi riusciranno ad arrivare all’età della pensione avendo versato i contributi che servono.

Si sono comunque creati fronti diversi che nei prossimi mesi si confronteranno. Ecco in breve quello che pensano.

Renzi e governo:  Jobs Act per togliere articolo 18 nei primi tre anni di assunzione in cambio di buonauscita. Allo stesso tempo più facilità di assunzione rimettendo in moto i centri di assunzione. I sindacati hanno garantito solo pensionati e lavoratori a tempo indeterminato, ma non hanno fatto nulla per i precari. E’ assolutamente falso che si vuole togliere l’articolo 18 perchi è assunto a tempo indeterminato da più di tre anni.

Cgil e opposizione Pd: C’è bisogno di politiche di riforme lavorative in entrata e non in uscita. Renzi adotta politiche della Thatcher.

La più critica è Susanna Camusso, leader della Cgil, che dichiara: “Mi sembra che il presidente del Consiglio abbia un pò troppo in mente il modello della Thatcher, la sfida che lanciamo noi è fatta dall’idea che si può fare lo statuto dei lavoratori, ma bisogna fare sì che tutti i lavoratori abbiano i diritti che hanno oggi i lavoratori con contratto a tempo indeterminato”. Dopo la replica del premier ha però frenato dicendo che vuole trattare, ma che devono cessare gli insulti. Quali insulti? Dire che si ha un’altra visione del mondo del lavoro rispetto a lei è un’insulto?

Il resto del sindacato non è compatto con la Camusso. Raffaele Bonanni della Cisl dichiara di essere pronto a rivedere l’articolo 18; mentre Luigi Angeletti della Uil dichiara: “Si può decidere se starci a sentire o meno, ma si abbia il coraggio di spiegarci come in tutti i paesi normali. Siamo disponibili al dialogo, ma senza toccare le forme di tutela che ci sono già. Un conto è avvicinare due mondi, ma quello che non si può fare è modificare l’art.18 per chi già ce lo ha”.  Mentre Giorgio Squinzi di Confindustria dichiara: “Io sono personalmente favorevole all’abolizione dell’articolo 18 anche perchè dobbiamo considerare che è un mantra che in tutto il mondo ci addossano come paese. Parlando in tutto il mondo ci dicono che in Italia non si può investire perchè c’e’l’art. 18 e quando assumi un dipendente è per la vita”.

Pietro Ichino, fino a due anni fa del Pd e poi passato a Scelta Civica proprio perchè era isolato su questa materia (ma il Pd allora era a segreteria Bersani): ”Il contratto a tutele crescenti è la soluzione più coerente con le esigenze del sistema. Si sta effettuando una riscrittura integrale del diritto del lavoro nazionale e il tempo è politicamente maturo. Gli errori passati sono costati molto al Paese e la Cgil dovrebbe interrogarsi su questo. Il Paese non ha bisogno di un ulteriore ritardo e neanche di un conflitto aspro”. Ichino sottolinea “l’assurdita’ di criticare un progetto che si occupa delle tutele del lavoro in un settore quello dei servizi per l’impiego del quale i sindacati non si sono mai occupato, sui quali c’e’ stato un black-out. E contesta anche la minaccia di sciopero generale sostenendo che sarebbe quanto meno improprio uno sciopero contro gli interessi di una parte che non rappresentano mentre con la riforma presentata stiamo facendo passo avanti”. Stefania Giannini, dello stesso partito sottolinea che da sempre Scelta Civica cerca di far passare questa riforma del lavoro. Mentre per il presidente della Commissione lavoro del Senato, Maurizio Sacconi (Ncd), relatore del provvedimento, non ci sono dubbi: “Con la delega c’è la revisione delle tutele nel contratto a tempo indeterminato (art.18). La mediazione è l’applicazione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti alle nuove assunzioni”.

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