Centrodestra

Dilemma Pdl: Forza Italia si, Forza no

Dilemma Pdl: Forza Italia si, Forza no

Dilemma Pdl: Forza Italia si, Forza no

Una delle giornate più strane e bizzarre della storia politica d’Italia ha smentito uno dei luoghi comuni che girano fra gli osservatori per definirla: non è vero che oggi “non è successo nulla”, dal punto di vista degli assetti politici e di maggioranza. In realtà si è ufficializzato che a sostenere il governo di Enrico Letta c’è in maniera convinta un Pdl capitanato da Angelino Alfano e formato dall’avanguardia delle “colombe”. C’è poi, a supportare Letta in maniera meno convinta, una Forza Italia che rappresenta oggi la parte maggioritaria dei gruppi parlamentari capitanata da Silvio Berlusconi, formata dai “falchi” del partito e, soprattutto, da tanti esponenti legati “affettivamente” al Cavaliere. La cosa è stata evidente questa mattina in Senato. Ancora prima delle riunione del gruppo con il Cavaliere, è stata mostrata ai giornalisti una lista di 24 senatori del centrodestra disposti in ogni caso a dare la fiducia al governo e pronti a formare un gruppo autonomo, in caso di scelta diversa da parte del resto del gruppo del Pdl. La riunione del resto del gruppo c’è poi stata, guidata da Berlusconi e ha deciso, solo dopo un travagliato dibattito nel quale una parte minoritaria di questo gruppo ha sostenuto le ragioni della fiducia, di votare la sfiducia a Letta. Nella riunione ha giocato un ruolo importante Berlusconi, che ha rimosso ogni incertezza e si è schierato apertamente con i falchi arrivando a dire che gli elettori del centrodestra non avrebbero compreso una fiducia a Letta dopo avere messo in crisi il governo sabato scorso. Finita la riunione però Berlusconi ha avuto un ripensamento, come ha raccontato Paolo Romani a Reuters .

E’ tornato sui suoi passi fino a ribaltare la decisione, optare per la fiducia e annunciare che in aula avrebbe lui stesso spiegato il voto e non il capogruppo Renato Schifani come inizialmente previsto. Il travagliato dibattito nel Pdl al Senato ha mostrato che c’è un consistente gruppo deciso a rimanere nel Pdl senza transitare in Forza Italia, formazione rinata e che viene vista come partito estremista, di destra radicale. Ma si è anche visto che in Forza Italia è vero che c’è il Cavaliere come leader a rafforzarne le posizioni e una parte di falchi (dei quali sette hanno votato contro Letta, come Sandro Bondi, Nitto Palma e Augusto Minzolini, senza aderire all’annuncio del Cavaliere), ma anche che il grosso è formato da personalità che sono su quelle posizioni più per affetto verso Berlusconi che per convinzioni politiche, anzi: politicamente questi parlamentari sarebbero più vicini ad Alfano. Non è un caso che appena Berlusconi ha annunciato la fiducia, a palazzo Madama si è assitito a una vera e propria corsa di senatori a dire che già nella riunione del gruppo della mattina avevano espresso quella posizione: non solo Romani – del quale si è detto -, ma anche ad esempio Maurizio Gasparri prodigo di dichiarazioni di sostegno a Letta subito dopo il voto.

Resta da dire che nel gruppo Pdl del Senato vicino ad Alfano c’è chi si distingue su posizioni da subito separatiste (come Roberto Formigoni) mentre i più (come Maurizio Sacconi) sono per far maturare le divisioni con calma per poter attrarre il maggior numero di parlamentari. Nel pomeriggio la scena si è spostata alla Camera ripetendo però il cliché. Berlusconi si è presentato alla Camera per una riunione del gruppo alla quale però non erano presente né Alfano né i suoi. Qui la situazione, da un punto di vista procedurale, è anche più avanti. In giornata infatti l’ex capogruppo Pdl e attuale presidente della commissione Esteri Fabrizio Cicchitto ha inviato una lettera alla presidenza di Montecitorio sottoscritta da una dozzina di parlamentari per annunciare che è “in fieri” la costituzione di un nuovo gruppo. “Scopo della lettera è quello di permettere a Cicchitto di avere avuto già nel dibattito sulle comunicazioni di Letta lo stesso tempo di intervento concesso a un capigruppo, cioè 10 minuti, e non il minuto concesso per interventi singoli”, spiega a Reuters uno dei sottoscrittori. Fatto è che, contemporaneamente alla lettera a Laura Boldrini, gli alfaniani hanno fatto avere alle agenzie una lista di 26 deputati pronti ad aderire al nuovo gruppo: fra essi figurano quattro ministri (lo stesso Alfano, Maurizio Lupi, Beatrice Lorenzin e Nunzia De Girolamo, cioè tutti tranne Gaetano Quagliariello, ma solo perché è senatore) e una densa pattuglia di sottosegretari come Luigi Casero (Tesoro). Specularmente i falchi hanno fatto una raccolta di firme sotto una lettera in cui si dice che si riconosce ancora Renato Brunetta come proprio capogruppo. Siamo cioè a una vera e propria guerra delle raccolte di firme e di documenti che si confrontano e incrociano le lame. Senza dire che anche alla Camera alcuni falchi hanno già annunciato che non risponderanno all’invito di Berlusconi e non voteranno la fiducia a Letta, a cominciare da Daniela Santanché. Tali divisioni hanno costituito il fatto politico della giornata e la novità anche per gli assetti di governo, tanto che Letta a Montecitorio ha potuto rivendicare che il suo governo in Senato avrebbe avuto la fiducia a prescindere dalla decisione di Berlusconi: come dire che d’ora in poi procederà sulla base di chi oggi gli ha offerto una fiducia convinta e programmatica e non aspettando il consenso di chi oggi gli ha votato a favore solo per ragioni di opportunità politica.

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