
Carlo Fidanza e Roberto Jonghi Lavarini: uno europarlamentare e uomo di spicco di Fratelli d’Italia l’altro, detto “barone nero”, somiglia tanto a uno di quei faccendieri dall’esistenza sempre a cavallo tra il lecito e l’illecito. Entrambi sono finiti dentro all’inchiesta di Fanpage che mette nei guai il partito di Giorgia Meloni.
Carlo Fidanza nato a San Benedetto del Tronto nel 1976, cresce politicamente in Lombardia dove fin da giovane inizia il suo cursus honorum nelle formazioni giovanili di destra. Ricopre infatti incarichi di coordinamento in Azione Giovani, vivaio di Alleanza Nazionale, di cui è stato vicepresidente nazionale dopo essere stato sconfitto da Giorgia Meloni al congresso di Viterbo nel 2008. E proprio Meloni lo descrive così nel suo libro: “Un osso duro, Carlo. Capacità dialettica, scaltrezza, una delle poche persone che conosco in grado di studiare come me”.
Fidanza ha ricoperto la carica di consigliere comunale a Desio e poi a Milano. È stato inoltre Presidente della Commissione Consiliare Expo 2015, membro dell’Ufficio di presidenza nazionale di Anci Giovane e vicecoordinatore regionale del Popolo della Libertà con il quale è stato eletto nel 2009 al Parlamento europeo con 26.822 preferenze personali.
Nel 2012 si registra il passaggio, da fondatore, a Fratelli d’Italia. Nel 2015 ritenta l’elezione al Parlamento europeo, ma nonostante le 12.738 preferenze non va a Bruxelles perché il suo partito non supera la soglia di sbarramento. Alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 arriva alla Camera dei deputati per poi tornare di nuovo al Parlamento europeo l’anno dopo, diventando il capodelegazione di Fratelli d’Italia.
C’è poi il “barone nero”, Roberto Jonghi Lavarini. Di Novara, 49 anni, si è laureato in Scienze politiche alla Statale di Milano. Da sempre vicino al mondo della destra identitaria, nella sua “carriera” conta una condanna a due anni per “apologia del fascismo”. E anche all’interno della destra lombarda non sembra essere ben visto: come spiega il Corriere della Sera, si parla di lui come una “figura particolare”, tant’è che chiunque avesse delle importanti aspirazioni politiche ha preferito prendere le distanze dalla sua persona per non rischiare di compromettersi.
D’altronde, Roberto Jonghi Lavarini, novarese di 49 anni, è stato consigliere di zona per ben tre legislature, nonché presidente del Municipio 3 di Porta Venezia (dove, si racconta, circa una ventina di anni fa espose una foto di Benito Mussolini).
A Jonghi Lavarini piace infatti sottolineare l’appartenenza a una “nobile stirpe” e l’essere figlio di “Cesare Jonghi Lavarini dei baroni di Ornavasso”. E non manca mai, come riportato dal cronista di Fanpage, di vantare contatti col mondo che conta, dalla politica alla massoneria. Senza disdegnare “ammiratori di Hitler” e componenti di un gruppo esoterico. Il “baron nero”, soprannome non casuale, non ha mai nascosto la sua simpatia per il Ventennio fascista mettendo in bella mostra nel suo ufficio la foto del Duce.
Difficile poi inquadrare il suo lavoro: infatti Jonghi Lavarini ha sempre trafficato tra compravendite, gestione di patrimoni immobiliari e ristrutturazioni edili per l’azienda di famiglia. Si dichiara appassionato di storia, cultura, araldica, tradizioni religiose e popolari, enogastronomia e sagre paesane. E pare sia molto legato alle radici e alla identità Walser (tedesco-vallese) della propria famiglia .
E proprio Roberto Jonghi Lavarini in queste ore è intervenuto sui social rispondendo a una frase di Giorgia Meloni, che in risposta all’inchiesta ha dichiarato:
Ma come si fa a frequentare certa gente per 30-40 voti in più?
Nel dettaglio, questo ha postato due foto, una che lo vede in compagnia della Meloni e l’altra con Salvini. E in allegato la descrizione: “Ora nessuno faccia finta di non conoscermi”. Una risposta a quanto sta succedendo nelle ultime ore, visto che dopo l’inchiesta di Fanpage gran parte del centrodestra sta prendendo le distanze da Roberto Jonghi Lavarini.
Va detto che le foto in questione potrebbero essere state scattate in qualsiasi circostanza. Il solo fatto di avere delle foto in compagnia con Salvini e la Meloni, infatti, non significa automaticamente che questi lo conoscano.
Ed è proprio per questo motivo che stupisce il fatto che invece un dirigente di partito, abbia deciso di contattarlo. Eppure questo sembra essere il quadro emerso dall’inchiesta di Fanpage, con Carlo Fidanza che sembra proprio rivolgersi a Roberto Jonghi Lavarini per il sostegno – anche economico – della candidata per il consiglio comunale Chiara Valcepina.
Non sembra aver preso bene il commento dato da Giorgia Meloni sulla vicenda. Roberto Jonghi Lavarini sembra infatti offeso nell’animo quando legge che il suo appoggio avrebbe garantito solamente “dai 40 ai 50 voti in più”.
Lavarini risponde con un post su Instagram senza nascondere la sua appartenenza, o meglio “fede”, politica: parla di “comunità di veri patrioti […] che ha l’onere e l’onore di rappresentare”. Una destra radicale che tuttavia garantisce molti più voti rispetto a quanto affermato dalla Meloni, almeno secondo quanto dichiarato da Lavarini che parla di un 5% che “fa gola a tutti”, tanto da essere “indispensabile per vincere qualunque sfida bipolare, nei comuni e nelle regioni, come alle elezioni politiche”.
E rispetto all’inchiesta di Fanpage, questo risponde:
Ho dato pieno mandato ai miei legali a tutela della mia onorabilità e dei miei interessi. Stiamo raccogliendo il lungo elenco di chi sarà denunciato, penalmente e civilmente, per diffamazione aggravata a mezzo stampa e minacce sui social. I soldi raccolti come rimborso danni saranno interamente dati in beneficenza. Già oggi sono partite le prime denunce alla Polizia Postale e ai Carabinieri.
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