Nella prima metà degli anni sessanta le fu dato lo pseudonimo Carrà, consigliatole dal regista Dante Guardamagna, il quale, appassionato di pittura, associò il suo vero nome, Raffaella, che ricorda il pittore Raffaello Sanzio, al cognome del pittore Carlo Carrà. Tuttavia, Raffaella non riuscì a ottenere molto successo (in termini di popolarità) come attrice, tant’è che, all’inizio degli anni settanta, a seguito del successo ottenuto come showgirl in televisione, decise di abbandonare la recitazione (salvo alcune sporadiche ed isolate esperienze successive in alcuni film e sceneggiati TV), e di concentrarsi sulla carriera di presentatrice televisiva, soubrette e cantante, con la quale invece otterrà successo e fama a livello internazionale.
Nella stagione 1969-1970 arrivò il successo televisivo, nello spettacolo Io, Agata e tu (con Nino Taranto e Nino Ferrer), in cui Carrà lanciava un nuovo stile di showgirl, scattante e moderna.
Nell’autunno dello stesso anno fu al fianco di Corrado in Canzonissima, dove diede scandalo per l’ombelico scoperto mostrato nella sigla d’apertura Ma che musica maestro!, che raggiunse le vette delle classifiche, vendendo 200 000 copie. Gli indici di gradimento e di ascolto toccarono livelli inaspettati, consacrando Raffaella come la nuova stella dello spettacolo italiano. Visti i soddisfacenti esiti dell’anno precedente, la Rai decise di riconfermare la stessa coppia di conduttori anche per la nuova edizione del programma. Infatti nel 1971 fu di nuovo a Canzonissima, dove vide entrare in classifica tre singoli: la sigla Chissà se va, Maga Maghella (destinata al pubblico infantile) e il celebre Tuca tuca, con annesso balletto. Quest’ultimo dalla terza puntata del programma venne censurato dalla Rai per via della coreografia giudicata troppo audace e provocatoria. Solo dopo l’esibizione insieme con Alberto Sordi, il ballo superò le censure e le polemiche iniziali, diventando un autentico fenomeno popolare. È dello stesso anno il primo album pubblicato dalla cantante, Raffaella, pubblicato sull’onda del grande successo di Canzonissima 1970 e di quello personale della vedette. Contiene Ma che musica maestro, sigla del programma. Nello stesso anno pubblicò un altro album di successo, Raffaella Carrà, contenente anche il brano Borriquito, primo successo sul mercato latino.