La politica di centro-sinistra e la Presidenza della Repubblica dell’amico-rivale Saragat, favorirono la realizzazione di un annoso obiettivo di Nenni: la riunificazione socialista. Quasi venti anni dopo la scissione di Palazzo Barberini l’obiettivo dell’unità socialista, costantemente perseguito dal leader socialista, divenne realtà.
Il 30 ottobre 1966 il PSI e il PSDI, dopo alcuni anni di comune presenza all’interno dei governi di centro-sinistra, si riunificarono nel “PSI-PSDI Unificati” (soggetto noto con la denominazione Partito Socialista Unificato). In contrasto con il progetto unitario, il deputato PSDI Giuseppe De Grazia fondò il movimento “Socialdemocrazia”, poi scomparso dalla vita politica nazionale.
La fusione fu proclamata davanti a 20-30.000 persone dalla Costituente socialista riunita al Palazzo dello Sport dell’EUR di Roma; i 1.450 delegati socialisti elessero Nenni presidente unico del nuovo partito. Il 6 maggio 1966 Nenni pronunciò un discorso a Stoccolma, al congresso dell’Internazionale socialista. Era il primo passo per il rientro del PSI nell’Internazionale dopo 17 anni.
Condannò duramente il colpo di Stato dei colonnelli greci del 21 aprile 1967: come raccontato nel libro Un uomo di Oriana Fallaci, Nenni fu una delle tre persone che incontrarono Alexandros Panagulis al suo arrivo in Italia nel 1973.
Inoltre, sostenne più volte le ragioni dell’integrazione europea. Manifesti per le elezioni politiche del 19 maggio 1968 in piazza del Duomo a Milano.
Nelle successive elezioni politiche del 19 maggio 1968 il Partito Socialista Unificato registrò una grave sconfitta rispetto ai risultati dei due partiti unificati nella precedente tornata elettorale: perse 29 seggi alla Camera e 12 seggi al Senato.. Al contrario, i dissidenti socialisti coagulatisi nel Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria ottennero il 4,45%, eleggendo 23 deputati alla Camera e alcuni senatori in alleanza con il Partito Comunista Italiano. Pertanto, le correnti massimaliste del partito tornarono a reclamare una strategia volta a riassorbire i consensi perduti a sinistra, determinando una sempre maggior inquietudine tra gli ex-socialdemocratici.
Intanto, Nenni si impegnava nel consolidare i rapporti internazionali del Partito Socialista Unificato: compì importanti visite ufficiali di partito in Inghilterra e Jugoslavia. In giugno fu eletto vicepresidente a vita dell’Internazionale socialista. Folla di dimostranti circonda alcuni carri armati sovietici durante i primi giorni dell’invasione della Cecoslovacchia
La notte fra il 20 e il 21 agosto 1968 le truppe del Patto di Varsavia (con l’eccezione di quelle della Romania che non partecipò all’attacco) invasero la Cecoslovacchia, mettendo fine alla stagione riformista seguita alla salita al potere di Alexander Dubček, nota come Primavera di Praga. Il 29 Nenni pronunciò alla Camera un duro discorso di condanna dell’invasione.
Nenni fu nuovamente Ministro degli affari esteri nel primo governo Rumor (12 dicembre 1968 – 5 agosto 1969). Ottenne dal Parlamento l’approvazione dell’interpretazione, da lui concepita sin dal 1955, degli obblighi assunti dall’Italia con l’alleanza atlantica: «il governo… considera il Patto atlantico, nella sua interpretazione difensiva o geograficamente delimitata, il fattore essenziale nella sicurezza del paese, ne accetta gli obblighi e intende svolgerli nel contesto di una politica generale volta creare e a consolidare condizioni di sviluppo pacifico nelle relazioni internazionali, tali da fare nei blocchi un fattore di equilibrio e non di rottura, così da avviarli al loro superamento».
Il 29 gennaio 1969 l’Italia procedeva alla firma del Trattato di non proliferazione nucleare, contemporaneamente ai governi di Washington, Londra e Mosca.
Nello stesso mese di gennaio 1969, l’anziano leader socialista presentò la proposta per il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese: i due paesi nominarono i rispettivi ambasciatori nel febbraio del 1970 e, quasi contemporaneamente, la Repubblica cinese nazionalista di Taiwan comunicò la cessazione dei rapporti bilaterali con l’Italia. L’Italia anticipò così la risoluzione 2758 (XXVI) del 25 ottobre 1971, con la quale l’assemblea generale delle Nazioni Unite riconobbe i diplomatici della Repubblica Popolare Cinese come “gli unici rappresentanti legittimi della Cina alle Nazioni Unite” ed espulse gli emissari della Repubblica di Taiwan, guidata all’epoca da Chiang Kai-shek.
Nel clima turbolento del post-Sessantotto, si tenne nel luglio 1969 il Congresso del partito unificato (che nell’ottobre 1968 aveva assunto il nome di PSI): Nenni tentò in extremis di salvare l’unificazione, presentando una mozione “autonomista”, che però fu sconfitta dalla linea massimalista di De Martino.
Immediatamente il 5 luglio 1969 si consumò una seconda scissione socialdemocratica, questa volta irreversibile: la componente socialista mantenne la sigla PSI, mentre quella socialdemocratica costituì il “Partito Socialista Unitario” (PSU), che il 10 febbraio 1971 riprese la denominazione di “Partito Socialista Democratico Italiano” (PSDI).
In seguito alla scissione Nenni diede le dimissioni da presidente del partito e da ministro degli Esteri, ammonendo sulle conseguenze di uno spostamento a destra dell’asse politico nazionale.