Giuseppe Zanardelli nacque a Brescia il 26 ottobre 1826, primo di quindici figli, da una famiglia borghese di modeste condizioni economiche. Suo nonno, Giuseppe, era un grassinaro, ossia un produttore e commerciante di latticini, originario di Collio, in Val Trompia, trasferitosi a Brescia per avviare una sua attività economica. Malgrado il fallimento della sua impresa, Giuseppe riuscì comunque a far studiare i suoi due figli, Giovanni e Antonio, fino alla laurea: il primo divenne ingegnere, il secondo avvocato.
Il padre del futuro presidente del Consiglio, Giovanni Zanardelli, si sposò con Margherita Caminada, di origine trentina, donna molto religiosa e fervente cattolica, alla quale il piccolo Giuseppe fu molto legato. Compì i primi studi al collegio Sant’Anastasia di Verona, poi frequentò il liceo classico Arnaldo di Brescia, dove si dimostrò uno studente brillante e vivace. Infine, Zanardelli si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza all’Università degli Studi di Pavia, come convittore del collegio Ghislieri. Non terminò però gli studi, a causa dello scoppio dei moti del 1848.
Infatti Zanardelli, che fin da giovanissimo aveva mostrato sentimenti liberali e patriottici, decise di abbandonare l’ateneo e di arruolarsi come combattente nei Corpi Volontari Lombardi durante la prima guerra d’indipendenza, prendendo parte alla campagna del Trentino come soldato semplice nella colonna cremonese comandata da Gaetano Tibaldi, distinguendosi nella battaglia di Sclemo presso Stenico. Nel 1849 tornò a Brescia dopo la sconfitta sabauda di Novara, partecipando all’insurrezione delle dieci giornate di Brescia contro il governo austriaco. Memorabile fu la sua azione, condotta con pochi compagni nell’ultima giornata di combattimenti, contro un convoglio austriaco di rifornimenti scortato da 180 soldati, che furono costretti ad arretrare: fu l’ultima vittoria dei Bresciani sulle truppe del generale Haynau, prima che si abbattesse l’inevitabile spietata reazione.
Dopo il fallimento dei moti rivoluzionari, Zanardelli riparò da esule in Toscana, dove terminò gli studi universitari all’Università di Pisa e vi rimase fino al 1851, quando poté rientrare in Lombardia in seguito alla concessione dell’amnistia imperiale per i condannati politici. Una volta rientrato, fu costretto a ripetere l’esame di laurea all’ateneo pavese per far convalidare la laurea in giurisprudenza ottenuta a Pisa. Poco tempo dopo, morto prematuramente il padre nel 1853, Giuseppe Zanardelli, in quanto figlio primogenito, dovette farsi carico del mantenimento della famiglia, dando lezioni private di diritto, lavorando come segretario di un teatro e collaborando ad alcune testate giornalistiche. Una di queste fu il periodico Il Crepuscolo, il più noto giornale dell’epoca, per il quale dal 1857 Zanardelli scrisse dei saggi di economia politica.
Nel 1859, alla vigilia della seconda guerra d’indipendenza, Zanardelli fu costretto nuovamente ad espatriare per la sua attività cospirativa, rifugiandosi a Lugano, in Svizzera; vi rimase per breve tempo, per poi raggiungere Giuseppe Garibaldi, all’epoca comandante dei cacciatori delle Alpi a Como, da dove il Generale lo mandò nella natia Brescia per prepararvi l’insurrezione che spianasse la strada all’esercito franco-piemontese. Il 29 febbraio del 1860 fu affiliato alla massoneria nella loggia romana “Propaganda massonica” del Grande Oriente d’Italia.
Dopo l’annessione della Lombardia al Regno di Sardegna, Giuseppe Zanardelli decise di scendere in politica, candidandosi per la Camera dei deputati alle elezioni del 25 marzo 1860, risultando eletto per il collegio di Gardone Val Trompia; dopo la soppressione di tale collegio, sarebbe stato successivamente eletto deputato di Iseo. In Parlamento militò tra le file della Sinistra storica, ricoprendo anche vari incarichi amministrativi (come quello di sindaco di Nave), mentre nel 1866, dopo la conquista del Veneto in seguito alla Terza Guerra d’Indipendenza, fu inviato a Venezia in qualità di commissario regio per gestire il periodo di transizione.