Nel 1946 venne eletto deputato all’Assemblea Costituente, di cui fu presidente sino al 1947, anno in cui Alcide De Gasperi ruppe l’accordo con socialisti e comunisti. Contrario all’alleanza tra i socialisti ed il Partito Comunista Italiano, nel gennaio del 1947 diede vita alla cosiddetta “scissione di palazzo Barberini”, in cui vide la nascita il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, che nel 1951 divenne Partito Socialista Democratico Italiano in seguito alla fusione con il nuovo Partito Socialista Unitario di Giuseppe Romita. Nelle elezioni politiche del 1948 si scagliò contro il Fronte Democratico Popolare, l’alleanza social-comunista in cui militava anche il “caro nemico” Nenni: durante la campagna elettorale il Fronte gli rimproverò l’alleanza con la Democrazia Cristiana, usando contro Saragat alcune espressioni politicamente denigratorie quali social-fascista, social-traditore, rinnegato. In quelle consultazioni il suo cartello politico, denominato per l’occasione Unità Socialista, ottenne poco più del 7% dei voti alla Camera dei deputati e circa il 4,1% al Senato della Repubblica, ottenendo 43 seggi in totale nel Parlamento italiano.
Nel 1951, il PSLI divenne Partito Socialista Democratico Italiano in seguito alla fusione con il Partito Socialista Unitario di Giuseppe Romita ma, al suo interno, si aprì un aspro dibattito sulla riforma in senso maggioritario del sistema elettorale italiano, voluta dal governo De Gasperi, ove Saragat era vicepresidente. Il 12 dicembre 1952, nel corso della discussione parlamentare per l’approvazione della nuova legge elettorale maggioritaria (che poi sarà detta Legge truffa), Piero Calamandrei, in contrasto con le direttive di Saragat, annunciò il voto contrario suo e di altri sette colleghi. Calamandrei e gli altri sette deputati furono sospesi dal gruppo parlamentare e poi uscirono dal partito per fondare Unità Popolare.
Il dissidio ideologico tra Nenni e Saragat ebbe fine all’indomani della pubblicazione del Rapporto segreto di Chruščёv, quando, nell’agosto del 1956, i due leader si incontrarono nella località francese di Pralognan, nelle montagne della regione Savoia, per formulare una comune strategia, tra i loro partiti, che preludeva alla riunificazione e alla formula politica del centro-sinistra.
Le elezioni politiche del 1958 premiarono tale linea e, dalle urne, uscì il secondo Governo Fanfani, composto dalla DC e dal PSDI, con l’appoggio esterno dei repubblicani che, peraltro, pur denominato di “centrosinistra”, vedeva il PSI ancora all’opposizione. Per l’avvento del primo governo “organico” di centrosinistra, invece, si dovette attendere il 4 dicembre 1963 (Governo Moro I), con Saragat Ministro degli esteri.
Lo statista piemontese fu confermato al Ministero degli Esteri nel successivo Governo Moro II, che entrò in carica il 22 luglio 1964, all’indomani del presunto tentativo di golpe del generale De Lorenzo (Piano Solo). Dopo soli pochi giorni (7 agosto), Saragat e il presidente del Consiglio Aldo Moro ebbero un colloquio con il Presidente della Repubblica Antonio Segni – di cui tuttora si sospetta il coinvolgimento nel “Piano Solo” – al termine del quale il Capo dello Stato fu colpito da trombosi cerebrale. Nessuno dei presenti ha mai fatto dichiarazioni ufficiali sul contenuto del colloquio. Si è sempre ritenuto che Segni si sia sentito male durante una lite con i due membri del governo che gli chiedevano interventi risoluti contro il generale. Tuttavia, secondo la testimonianza del suo segretario particolare Costantino Belluscio, Saragat avrebbe confidato al medesimo che i tre stavano discutendo di un avvicendamento di diplomatici, ma senza accalorarsi particolarmente.
Al malore di Segni seguì l’accertamento della condizione d’impedimento temporaneo del Presidente della Repubblica, e il Presidente del Senato Cesare Merzagora assunse le funzioni di Presidente supplente, sino alle dimissioni volontarie di Antonio Segni (dicembre 1964).
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