Anche il ministro azzurro Mara Carfagna ha annunciato uno strappo con Forza Italia. Dopo Mariastella Gelmini e Renato Brunetta, che nelle scorse ore hanno comunicato di aver lasciato il partito guidato da Silvio Berlusconi, anche il ministro per il Sud e la Coesione territoriale ha espresso il suo dissenso per la scelta del suo partito di non votare la fiducia a Mario Draghi. Anche Maria Carfagna, al pari dei suoi due colleghi, nelle ore del vertice di Villa Grande aveva auspicato una posizione diversa per il centrodestra, che poi non si è concretizzata a causa delle mosse del presidente del Consiglio che, ai leader di Lega e Forza Italia, sono apparse eccessivamente sbilanciate verso sinistra.
“Per questioni di stile non esprimo giudizi su come Forza Italia ha gestito questa crisi, assumendo una decisione che non ho condiviso, che sono convinta vada contro l’interesse del Paese e di cui non ho mai avuto l’opportunità di discutere in una sede di partito“, ha dichiarato Mara Carfagna. Il ministro per il Sud e la Coesione territoriale ha poi aggiunto: “Sono grata al presidente Berlusconi per le opportunità che mi ha offerto e la fiducia che mi ha testimoniato in questi anni, ma quanto accaduto ieri rappresenta una frattura con il mondo di valori nei quali ho sempre creduto che mi impone di prendere le distanze e di avviare una seria riflessione politica“.
Parole che suonano come un addio che non è ancora stato ufficializzato, per il quale Mara Carfagna ha deciso di prendersi qualche giorno di riflessione prima di comunicare la sua scelta definitiva. Un atteggiamento più prudente rispetto a Mariastella Gelmini, che ha annunciato l’uscita da Forza Italia già nelle ore immediatamente successive al voto di fiducia. Ha atteso questa mattina, invece, Renato Brunetta, che ha comunicato la decisione di lasciare il partito poco dopo il passaggio di Mario Draghi alla Camera, prima di salire al Colle.
Tra gli abbandoni registrati da Forza Italia all’indomani del non voto a Mario Draghi c’è anche quello del senatore Andrea Cangini, che ieri ha votato in dissenso rispetto al suo partito. “Sono consapevole del fatto che, rinnovando la fiducia al presidente del Consiglio Mario Draghi in coerenza con quanto detto e fatto da Forza Italia fino a due giorni fa, mi sarei messo automaticamente fuori dal partito. Nelle prossime ore formalizzerò le dimissioni dovute“, ha dichiarato il una nota il senatore ex azzurro.
Dopo l’addio di Mariastella Gelmini e di Renato Brunetta le voci su altri abbandoni autorevoli in Forza Italia erano state cancellate da Licia Ronzulli. La pasionaria del Cavaliere, accusata di aver detto «prenditi uno Xanax» alla ministra degli affari regionali, aveva smentito il possibile saluto di Mara Carfagna. Che invece arriva oggi, insieme a un J’Accuse a Berlusconi e al centrodestra. Anche se ufficialmente nell’intervista rilasciata a Repubblica dice «tirerò le somme a breve», per la ministra del Sud del governo Draghi «la riflessione che sto facendo parte da due dati di fatto: gli applausi di Putin alla crisi e le centinaia di messaggi di sindaci e imprenditori che da giorni mi dicono “ma siete impazziti?”». E ancora: «Ora mi chiedo: ha un senso proseguire una battaglia interna? O bisogna prendere atto di una scelta di irresponsabilità e instabilità, fatta isolando chi era contrario, e decidere cosa fare di conseguenza?».
Il lungo addio di Carfagna a Forza Italia passa per le «cose pratiche, concrete, che bisognava mettere in sicurezza prima del voto del marzo prossimo e rivendicare come successi un minuto dopo. Era questo l’esame di maturità che FI avrebbe dovuto chiedere a Lega e FdI: dimostriamo agli italiani, all’Europa e all’Occidente che siamo un fronte responsabile, serio, capace di rispettare i patti fino in fondo. Si è fatto il contrario. Ciò che conta ora è ripristinare l’affidabilità italiana, messa gravemente a repentaglio dalla crisi e da chi l’ha provocata». Per la ministra «Meloni ha tutto il diritto di proporre la sua premiership: se l’è guadagnata, guida un partito che ha ampiamente sorpassato la Lega e ha il triplo di voti di FI. A Draghi si è sempre opposta, per molti versi è la più coerente. Ma la sua idea dell’Italia non è la mia. Io penso che l’Italia non debba somigliare all’Ungheria di Orbán, ma alla Germania di Merkel».
E ancora: «Penso che Steve Bannon sia un cattivo maestro. Penso che l’integrazione politica ed economica europea siano un’ancora di salvezza, non un pericolo per il nostro Paese». E secondo la ministra «la mancata fiducia a Draghi indica la rinuncia a ogni autonomia della componente liberale dalla destra sovranista. Fino al 19 luglio FI non avrebbe avuto alcun dubbio sulla linea in caso di problemi del governo: favorire la conclusione ordinata della legislatura, mettere in sicurezza famiglie e imprese, sostenere il premier più rispettato d’Europa per poi poterne rivendicare i successi in campagna elettorale. Dal 20 luglio il Rubicone è stato varcato. È stata fatta una scelta di totale discontinuità con la nostra storia e con le nostre relazioni europee e occidentali».
Infine, nel colloquio con Francesco Bei arriva una risposta a Carlo Calenda, che si era augurato il suo approdo nel fronte repubblicano: «Credo che l’esperienza del governo di salvezza nazionale, una esperienza davvero patriottica fondata su una visione concreta dei problemi e degli impegni internazionali dell’Italia, meriti un secondo tempo. Ci serve più europeismo e più credibilità verso ogni nostro alleato. È necessario affrontare le grandi questioni dello sviluppo, delle tasse, del lavoro, per risolverle e non per fare propaganda. Il mio “fronte” è questo, questa sarà la mia battaglia del futuro».
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