L’accordo siglato in Algeria dal presidente Draghi per l’aumento degli approvvigionamenti di gas ha fatto emergere con ancora più forza come l’Africa sia la chiave per sostituire il gas russo. Nelle ultime settimane il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, è volato insieme all’Ad dell’Eni, Claudio Descalzi, in Congo, Angola, Mozambico, proprio con l’obiettivo di rafforzare la posizione italiana nell’interscambio energetico con questi paesi. La svolta africana impressa dal governo Draghi alla nostra politica estera ed energetica è meritoria, con la guerra in Ucraina è diventata sostanzialmente inevitabile.
Ma se l’Italia non parte da zero nei rapporti con i paesi africani, lo si deve al grande lavoro fatto dal governo Renzi negli anni 2014-2016. Renzi, infatti, fu il primo presidente del Consiglio italiano a dedicare ben 3 viaggi ufficiali all’Africa subsahariana: Angola, Congo-Brazzaville e Mozambico nel 2014; Kenya ed Etiopia nel 2015; Nigeria, Ghana e Senegal nel 2016. In molti di questi Paesi con Renzi si trattò della prima missione di un premier italiano. In quelle visite erano presenti gli amministratori delle nostre maggiori aziende, a partire dall’Ad di Eni Descalzi, massimo esperto di Africa in Eni nominato nel 2014 proprio da Renzi. A questi viaggi, poi, vanno aggiunti quelli nei paesi del Nord Africa, Marocco e Algeria. Renzi cercò di far recuperare all’Italia il terreno perduto nei confronti dei nostri competitor, visto che per gli altri leader internazionali era da tempo una consuetudine andare in visita ufficiale nei maggiori paesi africani.
Peccato che quel lavoro sia stato poi totalmente abbandonato da chi è arrivato dopo, dai governi Conte 1 e Conte 2. Di Conte in Africa si ricorda solo la visita in Libia a Bengasi al generale Haftar, in occasione della liberazione dei pescatori di Mazara del Vallo, durante la quale il suo portavoce Casalino si è geolocalizzato con i giornalisti mettendo a rischio la sicurezza stessa della missione. Negli anni 2018-2021 nessuna politica seria nel rapporto con l’Africa è stata portata avanti, d’altronde in quegli anni il Movimento 5 stelle riteneva l’Eni un “sistema corruttivo di portata internazionale”, come scriveva Beppe Grillo sul suo blog, ricordato oggi da “Il Foglio”.
Anche sull’Eni e l’Africa, come sul Tap, sulle trivelle, sulla Russia, il Movimento 5 stelle ha dovuto fare marcia indietro e cambiare completamente la propria posizione. Il tempo che hanno fatto perdere al Paese, però, non può restituircelo nessuno. Un motivo in più per rendere merito al coraggio di Italia Viva che, un anno fa, ha deciso di far cadere il governo Conte per aprire la strada all’arrivo del presidente Draghi.
Se il rafforzamento dei rapporti economici, geopolitici ed energetici con l’Africa Subsahariana fosse andato avanti anche dopo Renzi, probabilmente oggi non staremmo nella condizione di doverci affrancare all’improvviso e con grande difficoltà dalla dipendenza dal gas russo.