Alla fine la Consulta ha deciso. Il referendum sulla depenalizzazione della coltivazione della cannabis non è passato. Come ha spiegato il presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, in conferenza stampa: «Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti.
Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali».
Il dibattito sul referendum sulla cannabis in questi mesi è stato molto acceso: il centrodestra ha fatto muro chiudendo a ogni possibilità di dialogo. La conferenza sulle droghe di Genova ne è stata una prova: la maggioranza di governo sul tema si è spaccata, con la ministra Mariastella Gelmini da una parte e la collega Fabiana Dadone, favorevole a legalizzare la cannabis, dall’altra. Dadone, già titolare del ministero delle Politiche giovanili, ha la delega alle politiche antidroga. Nelle ore precedenti la decisione della Consulta il M5s, in una riunione di Conte coi propri parlamentari, aveva di fatto ufficializzato il sostegno al referendum sulla cannabis.
«È incredibile questa decisione della Corte costituzionale dopo che il referendum è stato sottoscritto da 600mila cittadini – ha detto Riccardo Magi, deputato e presidente di Più Europa -. Dopo la decisione sull’eutanasia di ieri possiamo dire che in questo paese è impossibile promuovere dei referendum. La Corte costituzionale ha fatto quello che il presidente Amato ha detto pochi giorni fa che non andava fatto, cioè cercare il pelo nell’uovo».