
È bastata una bocciatura sofferta, più di principio che di sostanza, per chiudere un’alleanza che durava dal 2015. La sinistra si suicida in Portogallo con il voto contrario alla legge Finanziaria del 2022. È la fine della geringonça, come viene chiamato il vecchio patto tra i socialisti del premier António Costa, il Bloco de Esquerda e lo storico Partito comunista portoghese, oltre ai Verdi del Pev, che tra tanti compromessi e molte astensioni aveva portato il Paese verso una solida crescita economica e ad essere esempio di stabilità in Europa.
Senza la Finanziaria, il governo Costa non può sopravvivere. Le elezioni anticipate sono all’orizzonte. Probabilmente a fine gennaio, inizi di febbraio. Elezioni che nessuno vuole. È il paradosso di questa crisi politica improvvisa e inaspettata. Non le vuole il presidente Marcelo Rebelo de Sousa, oggi arbitro della situazione, per ragioni di immagine internazionale e di opportunità; né la maggioranza dei 9 partiti presenti in Parlamento, per pura convenienza. La sinistra teme altre sconfitte dopo il crollo del settembre scorso quando, con un’astensione record del 46 per cento, i socialisti hanno perso le roccaforti di Coimbra, Funchal e la stessa Lisbona. Il Bloco e i comunisti sono andati peggio: hanno subìto un tracollo. Il centrodestra del Psd (socialdemocratici) vive un momento delicato interno con la leadership di Rui Rio, presidente del partito ed ex sindaco di Porto, contesa dal nuovo astro nascente Paulo Rangel. L’unica a gongolare è la destra radicale e populista di Chega. Vuole sfruttare il nuovo vento che soffia sul Portogallo. Potrebbe accadere anche l’impossibile: ritrovarsi al governo, in una coalizione di centro destra guidata dai liberali di IL e dai socialdemocratici. Un colpaccio.
Battuto per una trentina di voti in Parlamento, senza legge Finanziaria, in attesa dei primi 16,6 miliardi da Bruxelles per il Piano di rilancio, Costa non ha potuto far altro che andare a Palazzo Belém per consultarsi col presidente. Rebelo de Sousa, espressione del centrodestra e l’unico a godere di grande popolarità tra i portoghesi, ha appoggiato l’intenzione del premier di non dimettersi ma anche chiarito che senza più una maggioranza in Parlamento è inevitabile andare a elezioni anticipate. Deciderà questa settimana. Ha ricevuto le delegazioni dei partiti, i sindacati, gli industriali.
La sinistra e i rappresentanti dei lavoratori ritengono insufficiente l’aumento di 40 euro del salario minimo. La Confindustria ha protestato per non essere stata consultata sul documento, obbligando il primo ministro a “scuse” a posteriori. Ha annunciato di aver interrotto la concertazione con le rappresentanze sindacali. Il presidente non ha nascosto il suo disappunto. Considera le elezioni anticipate un grave errore, soprattutto davanti alla Commissione Europea. Costa le avverte come una sconfitta personale che vive come una “vera frustrazione”. Nel documento programmatico c’erano interventi nella Sanità, con il nuovo accordo per i medici che non potranno più dividersi tra pubblico e privato, aumenti nelle pensioni, limiti alle ore di straordinario, asili nido gratuiti. Tutti obiettivi richiesti dalla sinistra che però ha contestato l’impianto della manovra. Troppo piegata ai rigori di Bruxelles. La geringonça non ha retto all’ennesima prova. «Era già morta nel 2019», commentano a sinistra per rintuzzare le accuse di sabotaggio. «Oggi abbiamo solo certificato il suo funerale».
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