Prima silenzio, poi incredulità. Le prime nomine «pesanti» nelle partecipate pubbliche dell’era Draghi, il repulisti dell’intero cda di Ferrovie e di parte di quello di Cassa depositi e prestiti, a partire dall’ad Fabrizio Palermo (nominati dal governo giallo-verde M5S-Lega) sono state accompagnate nelle ore calde da un’atmosfera surreale di attesa. Persino nelle aziende interessate chi era più vicino ai vertici giurava che gli stessi non erano al corrente di ciò che stesse per succedere. Non era mai accaduto. L’applicazione di quello che ormai si configura come «metodo Draghi» ha poi suscitato stupore quando i nomi dei prescelti sono stati rivelati: a Cdp arriva Dario Scannapieco, un «Draghi boy» che, dai tempi in cui lo era, ha fatto una carriera importante. Alle guida delle Ferrovie approda un manager «silenzioso», uno di quelli che parlano solo in occasione della presentazione dei risultati e del piano industriale, ma che nel frattempo accumulano incarichi di prestigio. Tale è Luigi Ferraris, che vanta due collocamenti in Borsa rilevanti, come quello di Enel Gren power e Poste.
Non solo, nel cda di Fs entrano due donne come Silvia Candiani, ceo di Microsoft Italia e Nicoletta Giadrossi, neopresidente, formazione tra Yale e Harvard, e una carriera prevalentemente all’estero. L’impronta è evidentemente diversa. Qualcosa si era capito quando, dall’oggi al domani, il commissario Covid, Domenico Arcuri, braccio destro dell’ex premier Giuseppe Conte, era stato avvicendato dal generale degli alpini Francesco Paolo Figliuolo. Stessa sorte è toccata nel giro di una notte a Gennaro Vecchione, potente capo del Dis (Dipartimento Informazioni per la Sicurezza), anch’egli di fede contiana, messo da parte, dopo il caso Renzi-Mancini, a favore di Elisabetta Belloni. Prima donna a capo dei servizi segreti, come del resto prima donna al Cnr è anche Maria Chiara Carrozza, ex ministra lettiana , scelta da Draghi per mettere ordine nel settore della ricerca, finalmente «sommerso» dai fondi del Recovery Plan. E che dire di Franco Bernabè fatto calare dall’alto alla presidenza dell’ex Ilva, e Francesco Caio che ha rilevato il posto di Stefano Cao in Saipem.
E non finisce qui. È quasi arrivato il momento della Rai, tra i «bocconi» più contesi dalla politica. Le nomine in Fs e Cdp hanno gelato il sangue a chi metteva ancora in dubbio che Draghi facesse di testa propria, coadiuvato dai cacciatori di teste e dai ministri alla partita. Stando così le cose, la contesa politica sulla Rai sembra dover restare circoscritta a quattro posti in consiglio di amministrazione e, forse, alla presidenza, mentre la scelta dell’ad sarà probabilmente un’altra sorpresa. Data tra le favorite, Alessandra Perrazzelli, Vicedirettrice generale di Banca d’Italia, sembra non volerne essere coinvolta. Resta la suggestione che il nome venga pescato tra figure dal profilo finanziario, più che politico o giornalistico. E non basta. Da assegnare nelle società pubbliche ci sono ancora più di 80 incarichi nelle partecipate in via diretta dal ministero dell’Economia e più di 400 in quelle partecipate indirettamente, tra amministratori e sindaci. Tra i posti più prestigiosi: uno da consigliere Consob e uno nel collegio dell’Antitrust.
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