Otto donne e otto uomini, senza i capicorrente ma con un perfetto equilibrio tra le correnti, magari con “poche soddisfazioni” agli ex renziani di Base Riformista, ma senza la ventata di rinnovamento che le parole di Enrico Letta all’assemblea nazionale dem di sabato scorso avevano evocato. “Un partito che lavora per correnti, non funziona. Non ho capito qual è la geografia delle correnti”, aveva detto il neosegretario. Ebbene, a giudicare dalle scelte, Letta la geografia l’ha capita, e pure bene.
Se sui vicesegretari Tinagli-Provenzano il paventato “cacciavite” ha funzionato, sulla composizione della sua segreteria, il successore di Zingaretti ha decisamente usato il bilancino, in un sostanziale cedimento alle correnti quanto meno come logica e dimostrando nel contempo una grande attenzione anche agli equilibri della maggioranza. Ecco dunque rappresentata Areadem di Franceschini con la parlamentare Chiara Braga e la ex parlamentare e ricercatrice in storia medievale all’Università di Bologna Manuela Ghizzoni, rispettivamente alla Transizione ecologica e all’Istruzione. In quota “Orlando” possono annoverarsi Anna Rossomando (Giustizia) e Antonio Misiani (Economia). Non mancano gli ‘orfiniani’ (Chiara Gribaudo, missione Giovani) né i ‘cuperliani’ (Susanna Cenni, politiche agricole).
Vicini al segretario uscente, la portavoce della Conferenza nazionale delle donne democratiche ed ex vicepresidente di Zingaretti alla provincia, Cecilia D’Elia (Parità) e il responsabile per l’Organizzazione Stefano Vaccari, che viene confermato, con il paradosso di una continuità strutturale di un partito, verso il quale chi se ne andava sbatteva la porta provando “vergogna”. La nuova segreteria Pd invece sembra non recepire né la vergogna di Zingaretti, né alcuna volontà di rottura o di radicalità – che era un po’ quello che si chiedeva al ‘nuovo’ Enrico Letta. Poche le ‘trovate’: gli esterni, che avrebbero dato una maggiore impronta lettiana. Cesare Fumagalli, 67 anni, ex segretario nazionale di Confartigianato, che si occuperà di Sviluppo economico e Piccole e medie imprese, l’ex ct della Nazionale di pallavolo Mauro Berruto (allo Sport), o il compositore e assessore a Milano Filippo Del Corno (alla Cultura), il docente universitario Antonio Nicita (Pnrr) non scaldano certo i cuori.
Completano il ‘governo ombra’ del neosegretario, Lia Quartapelle (Esteri), vicina al commissario Gentiloni ma sostanzialmente autonoma, l’ex portavoce di Romano Prodi, Sandra Zampa (Salute), Francesco Boccia (Autonomie territoriali e Enti Locali) ed Enrico Borghi (Sicurezza), l’unico nome di Base Riformista. Componendo un quadro generale che sembra il prodotto più di un fisiologico turnover, senza echi della specificità del momento, al posto dello shock, atteso e richiesto dalla base, dal territorio anzi, ampiamente sottovalutato: nessuna traccia della nuova leva di amministratori, di quadri locali, della cosiddetta linfa del partito. Poco ‘sangue’ del Paese, che sembra riprodurre l’anemico ritratto di un partito, né spostato a sinistra o a destra, ma fatto con quel che c’è.
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