
Il governo Draghi ha ottenuto la fiducia anche alla Camera con 535 Sì e 56 No, mentre cinque sono stati gli astenuti. Al Senato Draghi aveva ottenuto 262 voti a favore, 40 contrari e 2 astenuti. Numeri ampi a Montecitorio, ma non da record, visto che il primato resta quello della fiducia al governo Monti, che nel 2011 aveva ottenuto la quota storica di 556 voti a favore. La maggioranza di Draghi supera comunque abbondantemente quella sostenuta dai due governi Conte: nel 2018 i voti a favore alla Camera per il Conte I erano stati 350, mentre l’anno dopo il Conte II aveva ottenuto 343 Sì. La replica di Draghi a Montecitorio è durata 13 minuti e ne ha ricevuti otto di applausi da parte dell’assemblea. Particolarmente apprezzati i passaggi sulla necessità di semplificare la burocrazia, lottare contro la corruzione e riformare la giustizia civile e penale, con l’obiettivo di avere processi che durino quanto negli altri Paesi europei.
Sono 16 i deputati del M5s che hanno votato contro il governo Draghi e che quindi potrebbero essere espulsi dal Movimento, come già annunciato oggi dal capo politico grillino Vito Crimi nei confronti dei primi dissidenti. Quattro deputati M5s si sono astenuti, due risultano in missione, mentre 12 non hanno risposto alla votazione. I deputati grillini che hanno contro la fiducia sono stati Corda, Sapia, Spessotto, Testamento, Volpi, Baroni, Cabras, Colletti, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Russo, Sarli, Termini e Vallascas. Gli assenti, che non hanno quindi risposto alla chiama del voto sono stati: Corneli, Ehm, Menga, Romaniello, Spadoni, Tucci, Di Lauro, Masi, Penna, Scutellà, Suriano e Zanichelli. In missione invece risultavano: Mammì e Vianello.
Prima uscita dalla Lega da quando si è formato il governo Draghi. A lasciare il partito di Matteo Salvini è il deputato Gianluca Vinci, che ha votato No alla fiducia al governo e ha annunciato il passaggio a Fratelli d’Italia. «Ho deciso di votare No a questo governo e di non far parte di una maggioranza variopinta dove tutti odiano tutti ma si sta uniti, si danno nuove cariche e si cambiano i “programmi” della legislatura senza mai andare al voto». Quella di Vinci è stata «un atto dovuto» perché «gli elettori di centrodestra non siano traditi».
I dissidenti pentastellati hanno confermato nell’Aula della Camera la loro opposizione al governo Draghi. Paolo Giuliodori ha spiegato che voterà no «con dolore nel cuore». Andrea Colletti ha aggiunto: «Faremo opposizione ferma e sincera, non sguaiata, deve nascere culturalmente qualcos’altro». Mentre Francesco Forciniti ha puntato il dito direttamente contro il premier Draghi: «Lei arriva a Palazzo Chigi presentato come l’ennesimo salvatore della patria, io purtroppo penso il contrario e dico no perché non voglio legittimare una manovra di palazzo, il cui unico obiettivo era buttare giù Giuseppe Conte. E dico no perché in questo governo non c’è il M5s, tagliato fuori da tutti i ministeri importanti». Anche Pino Cabras ha confermato il suo no: «Draghi è la storia di trent’anni di austerità».
Sei deputati del M5s hanno deciso di votare contro la fiducia al governo Draghi. Si tratta di Pino Cabras, Andrea Colletti, Jessica Costanzo, Paolo Giuliodori, Alvise Maniero e Andrea Vallascas. I sei hanno motivato così la loro scelta: «Esprimiamo la nostra piena solidarietà ai senatori M5s espulsi per aver votato contro la fiducia a questo governo della grande ammucchiata, per essersi astenuti o per non essere stati presenti. La loro espulsione suona anche come un avvertimento nei confronti di noi deputati. Anche noi voteremo convintamente no. Il nostro impegno nel solco del programma elettorale non verrà certo meno, nonostante le minacce e i tentativi di condizionare il nostro voto. Lavoreremo insieme per costruire un’alternativa a un governo del tutti dentro e dell’austerità. L’alternativa c’è!». Nel frattempo Alessandro Di Battista ha annunciato una diretta social su Instagram sabato 20 febbraio: «Ci sono cose da dire. Scelte politiche da difendere. Domande a cui rispondere ed una sana e robusta opposizione da costruire. Ci vediamo sabato alle 18.00 con #DiBattistaLive su Instagram. Coraggio!».
La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha ribadito alla Camera che il suo partito voterà no alla fiducia al governo Draghi: «Ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati», ha esordito, citando Bertolt Brecht. Poi ha aggiunto: «Presidente Draghi, potrei giustificare così la scelta di votare contro la fiducia al suo governo. Per coerenza e serietà. Perché i cittadini devono diffidare dei partiti che non mantengono la parola data. Ma anche perché se Fdi fosse entrata nel suo governo, l’Italia sarebbe stata protagonista di una duplice anomalia. Unico Paese europeo ad avere alla guida una persona non legittimata dal voto popolare, e unica democrazia a non avere un’opposizione parlamentare. Questo avrebbe finito per indebolire tutti, anche lei. La nostra scelta è scomoda, ma ponderata». Poi l’attacco a Luigi Di Maio, Roberto Speranza e Domenico Arcuri: «Presidente Draghi, in cuor suo davvero pensa che Luigi Di Maio sia il miglior ministro degli Esteri possibile? E perché Roberto Speranza è ancora lì? Perché Domenico Arcuri è ancora lì? Noi speriamo che lei faccia bene. Ma l’Italia non si riprenderà con gli stessi che l’hanno affossata».
Nella sua replica alla Camera, Draghi ha detto che il governo da lui guidato si impegnerà per «migliorare la giustizia civile e penale», con l’obiettivo di arrivare ad avere «un processo giusto e di durata ragionevole in linea con gli altri Paesi europei». Non dovrà inoltre essere trascurata «la condizione di tutti coloro che lavorano e vivono nelle carceri, spesso sovraffollate, ed esposte al rischio del contagio». Infine, l’esortazione ai deputati a guardare al futuro: «Spero che condividiate questo sguardo costantemente rivolto al futuro che confido ispiri lo sforzo comune» per uscire dalla pandemia e dalla crisi economica. Sforzo che «certamente caratterizzerà l’azione del mio governo». Draghi ha anche parlato del Made in Italy, precisando che per tutelarlo dalla concorrenza sleale «l’impegno del governo sarà totale». E per la ripartenza delle piccole e medie imprese, bisognerà «sostenere l’internazionalizzazione, potenziare il credito imposta per investimenti in ricerca e sviluppo nel Mezzogiorno e estendere il piano di industria 4.0».
Alle 18 il premier Draghi ha iniziato la sua replica alla Camera dei deputati: «Un Paese capace di attrarre investitori deve difendersi dai fenomeni corruttivi, anche con meno burocrazia. Lo deve fare comunque, intendiamoci, ma la corruzione porta a effetti depressivi sul tessuto economico e sulla libera concorrenza», ha scandito Draghi, e le sue parole sono state sottolineate dagli applausi dell’Aula.
«Un Pd isolato e senza alleanze è perdente. Nel 2018 avevo preso un partito sconfitto, isolato e marginale, oggi è un partito più centrale con una rete di alleanze. Un partito come il Partito Democratico deve avere una sua identità, ma anche preoccuparsi di stare insieme ad altri». A dirlo è il segretario dem Nicola Zingaretti, intervenendo ai microfoni di Oggi è un altro giorno su Rai1. Quanto alla creazione dell’intergruppo parlamentare fondato sull’asse Pd-M5s-LeU, il segretario dem risponde che è «utile» vi sia un coordinamento per favorire i lavori parlamentari, ma al contempo riterrebbe opportuno «non accendere su questo troppi riflettori o casi politici». Quanto alla questione dell’assenza di donne dem nell’esecutivo, Zingaretti osserva che «il Pd è l’unico partito che ha parità di genere in tutti gli organi statutari», e promette di «porvi rimedio presto», poiché «il passaggio del Governo ha rappresentato una ferita grave e affrontarlo e risolverlo fa parte della nostra cultura».
«Non sono stato tenero con il suo predecessore (Giuseppe Conte) e sono contento di voltare pagina. D’altra parte, a differenza di molti laudatores dell’ultima ora, io non ho dovuto cancellare nulla sui social: l’ho criticata quando ritenevo giusto farlo, e l’ho applaudita quando pensavo lo meritasse. Lei oggi ci domanda fiducia e in cambio Le è toccato ascoltare ore delle nostre richieste, e altre ne ascolterà. Occorre ripristina le libertà costituzionali e un corretto funzionamento della democrazia. Traduco: basta chiudere persone o aziende con Dpcm o con dirette Facebook o comunicati stampa. Riportiamo tutto in parlamento e condividiamo le scelte. A ciò si aggiunge un altro punto fondamentale: la fine dell’austerità. C’è un Paese da ricostruire, abbiamo molti disoccupati e molte cose utili da fare: quindi spesa buona, ad alto moltiplicatore: mancano solo i soldi. Ma chi meglio di Lei per trovarli?». Così il deputato della Lega Claudio Borghi durante la discussione a Montecitorio prima del voto di fiducia al governo Draghi.
«Vede, io sono un appassionato d’arte – prosegue Borghi mostrando una banconota da 50 euro – e so che la firma è il segno di chi crea e su questa banconota vedo la sua: quindi ci siamo capiti. Non ci deve essere tassazione senza reddito: se ci sono tante persone disoccupate ma che hanno la casa io non posso pagare le tasse venendo l’abbaino, o vendendo un bagno. Le pensioni: Quota 100 è stata venduta molto male, confidiamo su di Lei per spiegare che se il sistema è contributivo, non si regala niente a nessuno per andare in pensione». A Lei e al ministro Franco spetta una doverosa operazione verità sui conti: crediti garantiti, il patrimonio destinato, il credito d’imposta, le cartelle esattoriali. Mi aspetto pulizia sui conti e che Lei ci riporti tra gli Stati adulti dell’Unione europea, quindi senza domandare soldi a fondi di emergenza tipo il Mes che essendo divenuto inutile mi aspetto che non si ratifichi la riforma».
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