
Sono state due potenti esplosioni, l’una a pochi secondi dall’altra. Entrambe nel porto di Beirut. Secondo la versione ufficiale riferita direttamente dal presidente del Libano, Michel Aoun, a provocarle sarebbe stato un incendio in un deposito nel porto dove erano immagazzinate 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, sequestrate diversi anni fa da una nave. La seconda esplosione è stata talmente forte da evocare lo spettro di un ordigno nucleare, lasciando gli stessi libanesi perplessi sul fatto si trattasse solo di fuochi di artificio.
In questa città tristemente abituata agli attentati con grandi ordigni, un’enorme nuvola bianca a sfera e un’onda d’urto che ha distrutto finestre e vetrine a grande distanza non si era mai vista. Un’onda che ha devastato parte dei quartieri centrali situati nelle vicinanze del porto e quasi tutte le vetrine dei quartieri di Hamra, Badaro e Hazmieh, nella parte orientale di Beirut. Così come le finestre delle auto che sono state abbandonate per le strade con gli airbag gonfiati. Per avere il bilancio ufficiale occorrerà attendere ancora a lungo. Molti corpi sarebbero sepolti sotto le macerie. Si teme possa trattarsi di una carneficina.
Non è dunque ancora chiara la dinamica dei fatti, tantomeno le responsabilità. Ma vi sono delle circostanze che non fanno dormire sonni tranquilli a molti libanesi, e non solo. Una delle esplosioni sarebbe avvenuta vicino alla residenza dell’ex primo ministro Saad Hariri, il figlio del ricchissimo businessman Rafik Hariri, anch’egli carismatico primo ministro libanese, assassinato il giorno di San Valentino del 2005 sul lungomare di Beirut in un attentato che cambiò la storia del Libano. Travolti dal potente ordigno morirono insieme al premier altre 21 persone. Furono subito sospettati alcuni membri degli Hezbollah, il movimento sciita libanese alleato dell’Iran e nemico del partito sunnita di Hariri, ma anche dei servizi segreti siriani. Pochi mesi dopo, incalzato dalle oceaniche proteste, il regime di Damasco decise di ritirare i propri militari presenti nel Paese dal 1975. Un evento storico. Nel mentre il Paese dei cedri si spaccava in due, tra pro-siriani e anti-siriani. Seguì la stagione delle bombe e degli attentati.