
Conte partecipa al Consiglio europeo straordinario a Bruxelles. Nonostante l’opposizione dei cosiddetti Paesi “frugali” (Olanda, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia), il Consiglio europeo trova un accordo sul Recovery Fund. All’Italia andrà una fetta consistente dei 750 miliardi ovvero 81 miliardi di sussidi a fondo perduto e 127 miliardi di prestiti. I Paesi “frugali” ottengono un incremento dei “rebates”, ovvero gli sconti alla contribuzione del bilancio europeo di cui già beneficiano. Viene scongiurato il potere di veto di un singolo Stato membro ma viene introdotta una forma di controllo (“emergency brake”) da parte della Commissione Europea su come saranno impiegate le risorse UE dai singoli Stati.
Ci sono voluti quattro giorni di negoziati serratissimi ma alla fine l’intesa sul Recovery Fund è arrivata nella notte. Ecco i punti principali dell’intesa.
L’accordo lascia invariato l’ammontare complessivo delle risorse del piano Next generation Eu messo a punto dalla Commissione a maggio, pari a 750 miliardi, ma ridefinisce la composizione tra contributi a fondo perduto (grants) e prestiti (loans). I primi ammonteranno a 390 miliardi, i secondi a 360. Guardando alle singole voci che compongono il programma, con la Resilience e Recovery Facility, il cuore del Fondo per il rilancio economico, allocato direttamente ai Paesi secondo una precisa chiave di ripartizione, ammonterà a 312,5 miliardi.
Il nuovo accordo ha invece ridotto i trasferimenti spacchettati tra i programmi, 77,5 miliardi (rispetto ai 190 miliardi pensati dalla Commissione) con l’azzeramento della dotazione di Eu4Healt, il nuovo programma europeo per la sanità e i dratsico ridimensionamento del Just Transition Fund e del Fondo agricolo per lo sviluppo rurale. Invariato infine il volume del bilancio europeo, che costituisce la garanzia per le future nuove emissioni, che per il periodo 2021-2027 è rimasto a 1.074 miliardi di impegni.
Il gruppo dei Paesi frugali strappa, oltre alla riduzione dei grants, anche un incremento dei rebates, gli sconti alla contribuzione del bilancio europeo di cui già beneficiano. In particolare alla Danimarca sono andati 322 milioni annui di rimborsi (rispetto ai 222 milioni della proposta di sabato), all’Olanda 1,921 miliardi (da 1,576 miliardi) ; all’Austria 565 milioni (da 287), e alla Svezia 1,069 miliardi (da 823 milioni). Invariati invece i 3,67 miliardi per la Germania.
Alla fine una quadra è stata trovata anche sul tema della governance con l’introduzione del super freno di emergenza proposto dal presidente del Consiglio Charles Michel. I piani presentati dagli Stati membri saranno approvati dal Consiglio a maggioranza qualificata, in base alle proposte presentate dalla Commissione. Sarà invece il Comitato economico e finanziario (Cef), i supertecnici dei ministri delle Finanze dei Paesi a valutare il rispetto delle tabelle di marcia e degli obiettivi fissati per l’attuazione dei piani nazionali. Se verranno riscontrati problemi un singolo Paese potrà chiedere di portare la questione sul tavolo del Consiglio Europeo.
L’Italia si assicura nel suo complesso 209 miliardi, una cifra superiore rispetto ai 172,7 del piano originale della Commissione, ma a salire è soltanto la quota di finanziamenti (da 91 a 127), mentre resta invariata la quota di contributi a fondo perduto.
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