Preavviso di sfratto per CasaPound. La storia dello sgombero della sede occupata 17 anni fa dalle tartarughe frecciate in via Napoleone III, nel cuore dell’Esquilino, è un continuo colpo di scena. Ecco l’ultimo: come raccontano da Casapound “un gruppo di militanti mercoledì sera è stato convocato in questura”. Un incontro in cui ai militanti è stato anticipato “l’arrivo di un ordine di sgombero”.
La questura smentisce categoricamente, così come la Digos. “Non ci risulta, non è vero. Non è stato notificato nulla”, è la risposta dell’ufficio stampa di via di San Vitale alla notizia lanciata per prima dall’AdnKronos. Nessuna conferma anche dalla prefettura e dal ministero dell’Economia. Resta, però, la pista della procura: un esposto dell’Anpi – a cui poi si è aggiunto quello dell’Agenzia del Demanio – richiede il sequestro dello stabile. Un provvedimento penale su cui i pm di piazzale Clodio potrebbero aver deciso di accelerare con la richiesta al gip da una parte per restituire lo stabile ai legittimi proprietari e dall’altra per interrompere l’occupazione senza dover attendere ancora anni.
Perché per ora sul palazzo a due passi dalla stazione Termini sono state avviate soltanto procedure amministrative. La più importante porta la firma dell’ex direttore del Demanio, il prefetto Riccardo Carpino, che ne aveva ordinato lo sgombero informando sia la procura che la prefettura. L’atto porta la data del 12 luglio 2019 e lo scorso 8 novembre è stato impugnato dai “fascisti del terzo millennio” davanti al presidente della Repubblica. L’iter si concluderà al Consiglio di Stato.
Il secondo punto fermo è l’inchiesta della procura della Corte dei Conti, che a 9 funzionari del Demanio e del Miur (che ha avuto in gestione il palazzo) chiede un risarcimento di 4,6 milioni di euro per per omessa disponibilità del bene e mancata riscossione dei canoni. Nel corso dell’inchiesta, la Guardia di Finanza aveva fatto le pulci alle famiglie che occupano lo stabile, trovando anche dipendenti del Comune e di Cotral tra gli inquilini.
Dopo mesi di silenzio, la storia della sede di CasaPound è tornata alla ribalta grazie alla sindaca Virginia Raggi. Dopo la rimozione del logo del movimento dalla facciata del palazzo, era arrivato un periodo di tregua tra la prima cittadina 5S e il gruppo di estrema destra. La tensione si è alzata di nuovo negli ultimi giorni: a marzo la formazione di Gianluca Iannone ha occupato anche degli stabili dell’Aeronautica a Ostia, quasi per premunirsi e trovare una nuova sede. Poi, proprio sul litorale, Virginia Raggi è stata attaccata dai militanti. A quel punto la prima cittadina ha scritto al Mef e alla Difesa per chiedere il doppio sgombero.
Ora, anche se le smentite non regalano certezze, sembra muoversi qualcosa. Anche se per la prefettura lo sfratto di CasaPound non è una priorità: il palazzo dell’Esquilino non risulta nel piano settennale degli sgomberi più urgenti. Adesso, però, la speranza della politica è che qualcosa stia finalmente per accadere. Tanto che ieri sera le prime a dichiarare pubblicamente sullo sgombero sono state la viceministra del ministero dell’Economia, Laura Castelli, e la sindaca Virginia Raggi. Le due grilline esultano: “Qualcosa si muove, ripristiniamo la legalità”. Tra smentite e conferme, restano da capire i tempi dell’intervento.
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