“Abbiamo fatto tre passi avanti, l’obiettivo sia di Italia che di Germania è avere meno clandestini. Voglio vedere i fatti, ma l’Italia è tornata centrale”. Matteo Salvini è a caccia di ottimismo dopo il bilaterale con il ministro degli Interni tedesco Horst Seehofer a Innsbruck, prima del vertice europeo che inizia domani. Ma di ottimismo nell’aria qui non ce n’è molto: tanto meno tra sovranisti, che pure a propaganda di solito si intendono. Le parole degli incontri anche qui, a questo vertice informale dei ministri degli Interni Ue annunciato come il lancio dell’asse sovranista (“asse dei volenterosi”) tra Italia, Germania e Austria, restano diverse. Perché diversi sono gli interessi e si tratta sempre di interessi nazionali, in una Europa sempre meno unita.
Sui movimenti secondari non c’è bilaterale che tenga. Dopo quasi un’ora di vertice, in un albergo del centro di Innsbruck, Salvini e Seehofer non trovano un’intesa su questo. Non possono. Anche il leader leghista lo ammette parlando con la stampa italiana, dopo la dichiarazione congiunta con il tedesco. “Anche lui deve portare a casa qualcosa…”. E gli è possibile solo a livello di dichiarazioni, forse nemmeno questo. Parole: vale per entrambi. Sostanzialmente, nel vertice Salvini gli ha detto che l’Italia sarà “disponibile a riprendere” i migranti respinti dalla Germania – e già registrati nel Belpaese – solo quando “avremo ottenuto risultati su frontiere esterne, supporto e soldi per l’Africa” e nell’impegno di “suddividere i migranti che sbarcano in Italia.
Dal canto suo, Seehofer ha insistito sui movimenti secondari, pur non quantificando gli stranieri da respingere in Italia e sapendo che il collega italiano non poteva garantire alcunché. Normalmente si sarebbe parlato di scontro, di muro contro muro su interessi oggettivamente opposti. Tra sovranisti invece non va così: resta l’alleanza politica, che punta alle prossime elezioni europee, a fare il pieno a Strasburgo.
E allora, si parla. “Parleremo anche dei movimenti secondari…”, rinvia Seehofer. Mentre Salvini aspetta la “modifica delle regole delle missioni internazionali europee: il prossimo 18 luglio porremo il problema al comitato politico e di sicurezza che si riunisce a Bruxelles”. Anche se sa che la prima riunione deputata per discutere della questione è solo in autunno, al consiglio europeo. Più navi nel Mediterraneo? Neanche questa è una strada: “Se aggiungiamo navi alle missioni e non cambiamo le regole, poi arrivano comunque tutti da noi e non va bene”, dice Salvini. E non fa niente se solo qualche settimana fa, in una conferenza stampa al Viminale insieme agli ‘amici sovranisti’ del governo austriaco, si era lamentato del fatto che “in questo momento l’operazione europea Themis conta su 32 navi, di cui 30 italiane”.
“C’è un progetto per il controllo delle frontiere a sud della Libia che costa 300milioni – aggiunge – lo sottoporrò al vertice di domani per chiedere che venga rifinanziato”. E poi, “ne ho parlato anche con Seehofer: servono porti sicuri in Libia, per spegnere sul nascere i flussi”.
Anche a Innsbruck, primo vertice europeo sotto la presidenza austriaca iniziata a luglio, non c’è un’intesa che mandi avanti l’affare immigrazione, agitato politicamente ormai da tutti, in ogni Stato Ue. Anzi, se possibile, il summit di Innsbruck sconfessa definitivamente l’intesa raggiunta dal premier Giuseppe Conte al consiglio europeo di fine giugno ed esaltata anche dallo stesso Salvini.
Qui non si parla più di intese su base volontaria per realizzare centri controllati di rimpatrio nei paesi Ue. Bensì di “centri di rimpatrio fuori dall’Ue”, in Africa, malgrado paesi africani, come la Tunisia per esempio, abbiano già detto di no. “Se questa è la strategia della presidenza austriaca, ha il mio sostegno”, dice chiaramente Salvini. Peccato che solo dieci giorni fa il ministro abbia esultato, insieme a Conte, per un’intesa europea che prevedeva tutt’altra strada.
Si procede a tentoni. Tra le diffidenze reciproche, mai ammesse. “Con la Germania siamo quelli che hanno accolto di più, quindi abbiamo da guadagnare entrambi”, continua Salvini cercando ottimismo. “Sono curioso dell’incontro con il francese…”, aggiunge, alludendo al bilaterale di domattina con il ministro di Macron, Gerard Collomb, esponente di un governo che non è ‘amico’ della rete europea sovranista di Salvini.
Domani, il vicepremier italiano incontrerà ancora Seehofer e il ministro austriaco Herbert Kickl, in un trilaterale alle 7 del mattino, prima del vertice Ue. Sarà occasione per capire di più dal governo di Vienna, interessato soprattutto a rafforzare i controlli “nei Balcani”, che non sono di stretto interesse italiano. Lo ha specificato oggi Kickl, in un briefing con la stampa seguito da capannelli del ministro austriaco solo in tedesco anche di fronte a una domanda in inglese e con un secco “no” alla stampa italiana che ha cercato di intercettarlo.
Cosa resta? Parole e politica. Del piano di relocations, elaborato dall’Ue nel 2015, Salvini non vuole sentire parlare. “E’ lì da tre anni e non funziona. Io preferisco bloccare i nuovi arrivi”, ci dice, nonostante gli facciamo notare che la corte spagnola ha appena condannato il governo di Madrid per non aver rispettato l’accordo europeo. Per Salvini quell’accordo non è strada perseguibile: prima di lui, hanno deciso così i paesi dell’est, i suoi interlocutori politici.
Resta la propaganda sulla Diciotti, che domani mattina attraccherà al porto di Trapani, confermano fonti di governo. Salvini si ostina a non confermare: “Non prima che mi abbiano dato i nomi dei violenti che hanno dirottato una nave italiana e finiranno in galera. Non li voglio in giro per il Paese”. Ministro, non teme di anticipare così il lavoro della magistratura, della polizia? “No – ci risponde – indaga la guardia costiera su un reato che è stato segnalato” dalla Vos Thalassa, il rimorchiatore italiano che ieri per primo ha dato soccorso ai 67 migranti in acque libiche. E’ l’ultima sponda che ha per tenere il punto di fronte agli stop che gli sono arrivati dagli alleati di governo e anche dalla chiesa: la chiusura dei porti “non è la soluzione, abbiamo già espresso le nostre preoccupazioni”, ha detto oggi il Segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin.
Nella cornice di Innsbruck i sovranisti preparano la loro offensiva politica, tingendola di fatti che non ci sono. “I tempi stanno cambiando”, dice Kickl scomodando addirittura il ‘Panta rhei’ di Eraclito. Sui tavoli del buffet preparato per i giornalisti, spicca la ‘Tirola cola’ al posto della ‘Coca cola’: a proposito di fatti.
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