Al Sum#02 di Ivrea è arrivata l’ennesima avance di Luigi Di Maio che non ha lasciato indifferente il Pd. Anzi lo ha nuovamente diviso. Forte dei suoi 11 milioni di voti, il capo politico del M5S rilancia a sinistra e a destra. La proposta ai Dem di «sotterrare l’ascia di guerra» e di dialogare per formare insieme il governo ha ottenuto da una parte il no di renziani, dall’altra l’apertura di Dario Franceschini che ha invitato a riflettere e a non respingere a priori l’avance. «Basta conte e divisioni», ha detto il reggente del Pd, Maurizio Martina.
A destra – come evocato dal murales dell’abbraccio e del bacio fra Salvini e Di Maio comparso a fine marzo sul muro di via del Collegio Romano – c’è invece un filo mai spezzato di dialogo con il leder della Lega Matteo Salvini, frenato dal veto del M5S su Berlusconi. E teso, ma non reciso, dalla decisione del centrodestra di presentarsi unito al Colle per la seconda tornata di consultazioni. Con il leader leghista che non ha certo intenzione di squarciare l’alleanza col Cavaliere prima delle regionali. Regionali che in Friuli Venezia Giulia si aspetta possano regalare al Carroccio l’ennesimo successo.
Anche questa mattina Di Maio ha ribadito il suo no a Berlusconi: «Capisco che Salvini abbia difficoltà a sganciarsi da Berlusconi ma da Arcore non può partire nessuna proposta di cambiamento». Non è da lì che può scaturire «un governo di cambiamento ma solo un governo-ammucchiata. Per noi questo film non esiste». E ha anche precisato che «al momento non è in programma» un incontro con Matteo Salvini e Maurizio Martina. E ancora: «Se la Lega è interessata al cambiamento vengano al tavolo e mettiamoci al lavoro per l’Italia», ha detto ribadendo di aver «registrato un passo avanti» dalle dichiarazioni di ieri del reggente Pd. Di Maio, insomma, continua a tenere caldi due forni. «Il contratto di governo può essere sottoscritto dal M5S o con la Lega o con il Pd», ha ripetuto Luigi Di Maio come un mantra alla kermesse organizzata da Davide Casaleggio, strizzando l’occhio a destra e sinistra. Il contratto di governo alla tedesca, con Lega o Pd, resta infatti l’obiettivo primario del capo politico M5S.
Tre le date sotto la lente del M5S: il 21 aprile, giorno di un’assemblea Pd in cui la trincea anti-M5S renziana potrebbe subire un colpo decisivo. Poi il 22 e 29 aprile, quando Molise e Friuli Venezia Giulia sceglieranno il proprio governatore, con il Movimento in partita solo a Campobasso.
Intanto Salvini ha avvisato il Cavaliere: Forza Italia si scordi di fare un governo con il Pd, perché «se c’è un tentativo da fare, è con i 5 Stelle», ha affermato in una intervista dalle pagine del Corriere della Sera, anticipando quello che dirà oggi a Silvio Berlusconi al vertice del centrodestra. Necessario, ha detto, parlare con una voce sola. Con gli alleati si dovranno mettere nero su bianco i 10 punti del programma: «Sulla base di quelli, le distanze dai 5 Stelle sono molto meno di quelle che si pensi». Il vero problema è che la distanza reale fra Salvini e Di Maio la traccia la presenza nella coalizione di Silvio Berlusconi. E con l’attuale responso delle urne a palazzo Chigi non si può salire soli.
E a Montecitorio il neo presidente Roberto Fico ai giornalisti che gli chiedono un commento sul prossimo giro di consultazioni per la formazione del governo dice che «si tratta di valutazioni che spettano ai partiti politici e non competono a me adesso». E sulla sua assenza alla kermesse di Ivrea ha detto:«C’era tanto lavoro da fare. Ora rappresento tutti gli italiani, come terza carica dello stato sono ‘terzo’ rispetto alle forze politiche e va bene così».
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