Il suo primo nucleo nacque nell’aprile 1943 come Democrazia del Lavoro (DL) e prendeva come base il Movimento di Ricostruzione formatosi tra la fine del 1942 e gli inizi del 1943.
I demolaburisti entrarono a far parte del Comitato di Liberazione Nazionale, unendo attorno a sé un esiguo gruppo di notabili prefascisti. Il 13 giugno 1944 la DL assunse la denominazione di Partito Democratico del Lavoro. Non ebbe un forte seguito popolare: il suo arco di vita fu molto breve.
Nel 1946 la DL partecipò alle elezioni per l’Assemblea Costituente del 2 giugno sia con proprie liste, ottenendo lo 0,2% dei voti, sia, nell’ambito della coalizione Unione Democratica Nazionale, eleggendo complessivamente 9 deputati.
L’esito negativo della consultazione elettorale provocò prima il declino e poi la scomparsa del partito. Anche se i “padri fondatori” Bonomi e Ruini preferirono iscriversi al gruppo misto, mantenendosi vicini alla classe dirigente socialdemocratica con la quale condividevano l’impostazione culturale laico-riformista, gli altri deputati riuscirono invece a costituire un gruppo parlamentare grazie all’apporto di Alessandro Scotti del Partito dei Contadini d’Italia.
Lo scioglimento dell’Assemblea Costituente coincise con quello del partito, e gli otto deputati demolaburisti residui si sparpagliarono in tutta la sinistra e non solo: due si associarono al gruppo progressista collegato al PCI, tre aderirono al PSI, uno entrò nel PLI, uno si mantenne indipendente e uno si ritirò dalla scena politica.
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